[MUSICA] Ecco alcune canzoni italiane che parlano di amore tra lo stesso sesso

L’amore omosessuale nelle canzoni italiane non è un argomento comune, ma alcune hanno segnato la storia della musica, eccone alcune.

Fu una domenica d’estate di due anni fa che, andando alla “Festa dell’Amicizia” tenuta al parco della Biblioteca Comunale di Somma Lombardo (VA), conobbi le voci di Roberta Pompa, Greta Manuzi, Simonetta Spiri e Verdiana Zangaro. Erano al festival per presentare il loro ultimo successo: “l’amore merita”, inno a sostegno della libertà e dell’uguaglianza di fronte all’amore, uscito in concomitanza con il decimo compleanno di Gay Help Line.

È la storia di una ragazza omosessuale che decide di rompere il silenzio e urlare al mondo il proprio amore e decide di farlo con queste parole:

«Ora so crescere scegliere / io scelgo me stessa scelgo noi / Non sarà facile vivere ma sarà cielo senza nuvole / Perché la libertà non può costare il mio silenzio e al mondo griderò il mio segreto / e chi ama capirà l’amore non ha sesso e nessun prezzo pagherà / L’amore Merita». L’entusiasmo delle quattro ragazze ha contagiato altri illustri colleghi, che hanno voluto lanciare l’hashtag #lamoremerita per diffondere sui social l’importanza del progetto.

Sull’onda del successo della popolarissima Lady Gaga che, nel lontano 2014, disse: «Ci vuole coraggio per essere gay in Italia oggi», sembra che anche la musica italiana si stia muovendo nella giusta direzione. Ma la musica italiana quando comincia a parlare di omosessualità? Chi sono gli artisti che hanno parlato di omosessualità nel nostro paese? Scopriamolo insieme attraverso un piccolo excursus musicale nostrano.

Le canzoni dal testo un po’ ambiguo e “omosessuale” sono presenti, in Italia, dall’alba dei tempi, ma erano utilizzate come momenti di varietà, un momento musicale che serviva per far scattare la risata. Una presa per i fondelli, per intenderci! L’omosessuale che appariva nella canzoni italiane era quasi sempre un travestito, indicato spesso come “il terzo sesso”. Paradossalmente, furono infatti i travestiti o i transessuali ad apparire per primi nella canzone italiana, a partire dai mitici anni Sessanta. Iniziatore del genere fu il rocker Ghigo, che cantava “Coccinella”, dedicata all’omonimo travestito francese. Ma mamma Rai ne sabotò la carriera, mettendo in sordina gli artisti con voglia di rivoluzione. Bisognerà infatti attendere quasi dieci anni, prima di tornare a combattere per i diritti degli omosessuali: siamo nel 1973 e a dire la sua è Lucio Battisti con “Io gli ho detto di No”, che racconta di un uomo indeciso tra il vivere la propria omosessualità o il nascondersi in un rapporto convenzionale con una donna, che egli considera madre e amica.

Sempre nel 1973 troviamo anche i Pooh e l’urlatore italiano per eccellenza, Adriano Pappalardo, con “Questa storia”, in cui un ragazzo confessa alla sua compagna un amore omosessuale passato con un ragazzo che ora ha cambiato sesso e che dimostra di amare ancora. Ma è Renato Zero, nel 1978, a fare la “tragica” scoperta, nella canzone “Sbattiamoci”:

«Dai su…sbattiamoci, dai su, perquisiamoci, sulle reti morbide, con un dolce su e giù. […] Non ci sbattiamo più…Non potevi dirmelo, anche tu, che ti chiamo Massimo, è uno scherzo pessimo». Il successo del genere arriva sicuramente con i testi demenziali degli Squallor. Ne è un esempio “Unisex”, del 1977, dal testo molto volgare ed esplicito, che descriveva un amplesso omosessuale. I testi non finiscono certo qui, lascio a voi la ricerca dei vecchi successi e mi accingo a trasferirmi nel nuovo millennio, parlandovi di hit sicuramente più conosciute ai giorni nostri.

Nel 1997 si parla di amore omosessuale al femminile con il brano “La differenza”, scritto da Mariella Nava e cantato, nel 2004, insieme a Tosca. Il testo affronta, in maniera molto delicata, l’amore tra due donne, toccando lo sguardo di chi vuole per forza vederci una differenza:

«La terra trema inorridita / ma è una storia come tante / un corpo uguale ad un altro amante / amarsi dentro ad un riflesso / toccarsi nello stesso sesso / Maledetta l’apparenza / Dov’è la differenza? / Sta forse nei particolari / ma l’anima non li ha che uguali / come le mani che le prenderai / maledetta l’apparenza / Dov’è la differenza».

Importantissima, a mio avviso, “Gino e l’Alfetta” di Daniele Silvestri, contenuta nell’album “Il latitante” del 2007. Il brano, inno ufficiale del Gay Pride romano dello stesso anno, racconta di come il protagonista della canzone preferisca la compagnia di Gino a quella di Maria:

«Ma lo sai quanti geni ed eroi sono gay non lo sai? / o non vuoi ricordare preferisci pensare che un gay sia una sorta di errore / una cosa immorale o nel caso migliore / un giullare, un fenomeno da baraccone e lo tollererai solo in quanto eccezione / e lo tollererai solo in televisione lo chiamano gay / e tu pensi ricchione».

Parlando poi della mia passione più grande, che è il cinema, non posso non potevo terminare l’articolo senza citare la canzone del 2012 di Syria e Ghemon, “Come non detto”, che fa da colonna sonora all’omonimo film. È una canzone dai tratti molto delicati, come si può evincere da alcune frasi del testo:

«L’amore che lega o l’amore che ti nega / come una pietra al collo e il peso che ci annega / una pagina di vita che prende la sua piega / mentre provi a parole ma l’amore non si spiega. / Come non detto, ci pensano i tuoi occhi / come non detto, non serve che mi tocchi / Come non aver detto niente, tanto la verità / ha il profumo del tuo cuore».

Anche la musica ci dimostra che l’amore vince sulle paure e sfida l’ignoranza di chi ci circonda. Anche la musica italiana sta portando nuovi e validi contributi alla lotta quotidiana contro un mondo che ancora storce il naso, giudica ed isola di è “diverso”. Ma diverso da chi? Fateci sapere le vostre canzoni LGBT del cuore e segnalatecene di nuove! La nuova musica è sempre ben accetta.

Erika Scheggia.

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