Omosessualità: gioco di ruolo o vita reale?

Omosessualità: gioco di ruolo o vita reale?

DISCLAIMER: Questo risulterà essere un articolo volutamente e lucidamente provocatorio. Atto al solo scopo di esporre una realtà al bastian contrario, che però rappresenta uno spaccato concreto di come una discriminazione possa trasformarsi in un punto di forza.

Vorrei iniziare con il dire che è dato per assodato, che la società, almeno in termini di diritti umani, debba, ignoranza permettendo, crescere e far passi avanti; ciò non toglie che spesso l’uomo stesso abbia utilizzato quelli, che sembravano essere, punti deboli – tabù – per arricchirsi. Ne è un limpido esempio il sesso, in tutte le sue forme, considerato come un qualcosa di impensabile, quasi immorale, sdoganato in canzoni, film e prime serate per qualche punto in classifica o in share in più della concorrenza. E l’omosessualità? Altro punto buio dell’essere vivente, non poteva essere da meno. Così, se dai primi anni duemila, quella più sponsorizzata, era quella femminile; dalla maggiore età delle duemila (e forse anche qualche anno prima) si è iniziata a fare strada anche quella maschile, con ship (che con le navi hanno ben poco a che fare) che possono di certo competere – ed in certi campi vincere – con quelle del gentil sesso.

La scuola recente è stata aperta dal famosissimonoto gruppo “t.A.T.u.” o per le amanti del madre lingua Тату (termine copiato da Wikipedia- chi sono io per dubitare della sua veridicità?). Per le poche che non lo conoscono; band russa composta da due ragazze (Lena Katina e Julia Volkova ndr.). Gruppo, le t.A.T.u. appunto, che in barba alla coerenza tipica degli effetti della vodka russa, hanno usato il loro rapporto amicale, insinuando nelle menti dei più l’idea, non troppo celata (vedi All The Things She Said – se vuoi rimembrare), che questo affetto potesse celare qualcosa in più, qualcosa come una relazione. Indubbio dire che questo vociferare di male lingue, altro non ha fatto che accrescere la popolarità delle due; scoppiate solo in seguito ad un rimorso di coscienza, denunciandosi colpevoli di finto lesbismo.

Tanti passi avanti sono stati fatti sull’accettazione di una coppia lesbica, che quasi non fa neanche più scalpore la notizia di due ragazze che soavemente inneggiano all’amore saffico in una jacuzzi (per amanti dello stile, riferimento alla canzone Jacuzzi di Anitta e Greeicy), piuttosto che l’amore tra una sirena e una mortale (Little Mix Feat. Cheat Codes con Only You). Adesso per fare del vero scalpore devi utilizzare il coming out.

Sì, poiché, sebbene l’amore gay sembra quasi passare in sordina, il momento del coming out non ha perso il suo impatto con il pubblico. Quel punto di commozione celebrale commossa attesa. Quel sorriso da ebete  incerto e soprattutto la trasmissione giusta, renderanno il momento del coming out uno di quei momenti da incorniciare, per chi lo fa, ma anche e soprattutto per la comunità, che accresce e si vede supportare sempre di più da personaggi di spessore.

Nessuno noterà il tempismo così perfetto tra quelle due parole “Barbara, sono gay” (forse sono tre, ma poco importano gli anni allo scientifico) e l’uscita di un nuovo cd, di un libro o della pubblicazione del documentario sulla vita dei babbuini in Antartide. No, nessuno dubiterà che quelle parole, avvolte da cotanto sconvolgimento, siano in realtà frutto di una campagna di marketing atta a suscitare scalpore e attirare un gruppo di una grande realtà di nicchia. Ma soprattutto tutto potrà filare assolutamente liscio, se e solo se, quel gruppo non sospettasse già da decadi di questo tuo sentire.

Tutto potrà filare liscio se e solo se, torniamo indietro di dieci anni; quando ancora non era possibile parlare liberamente di sesso e di sessualità, perché anche chi ti appoggiava, di fronte al confronto era il primo ad accusarti. O ancora, se e solo se, le diverse sfumature dell’amore avessero ancora la necessità di vedersi rappresentati, non avessero una voce e delle gambe forti per sostenersi da soli. E sarebbe un gesto davvero bellissimo, se e solo se, non ci fossero, tuttavia, ancora persone che per quell’uscire dall’armadio perdono amici e famiglia. Piangono e si disperano cercando aiuto. Se e solo se, non ci fosse chi ancora oggi, non riuscisse a reggere il peso di una vita di derisione, e si togliesse la vita.

Quindi, forse è vero che nel duemila diciotto fa quasi sorridere vedere la strumentalizzazione dell’omosessualità, la si accetta come giusto compromesso tra il non parlarne e il parlarne male; ma tutt’oggi, fa meno piacere, vedere un atto di estremo coraggio sminuito per qualche lancio di sorta. Se volete far uscire qualcosa dall’armadio, toglieteci gli scheletri.

-Good C.

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